Radio K55
Data di pubblicazione: 16/06/2024 alle 13:41
Umani, così proprio non schwa eh ?
L’articolo del luglio scorso Per un pugno di vocali si concluse affermando che il tema dell’adozione dello SCHWA era un tema complesso e che avremmo ripreso l’argomento non appena la cronaca ce ne avesse dato occasione. Se volete rammentare di cosa stiamo parlando con l’espressione “Schwa” nel suddetto articolo troverete tutte le spiegazioni.
Ebbene, il momento è arrivato.
Meno di un anno fa, la cronaca si occupò dello schwa grazie all’idea di un liceale maturando che lo adottò nella prova di Italiano scritto, il primo in assoluto a farlo. Questa scelta fu spiegata dal liceale stesso con lo sforzo di rendere abituale un’alternativa all’uso del maschile sovraesteso. Ovvero, all’uso delle desinenze maschili per indicare attributi di persone dal genere misto. Quindi un uso non inclusivo del genere femminile.
La notizia di oggi riguarda la decisione dell’Università di Trento di pubblicare il regolamento di ateneo, circa un mese fa, utilizzando invece il femminile sovraesteso. Dal momento che la stesura del regolamento, per essere pienamente inclusiva, doveva portare ad una numerosa ripetizione di espressioni quali “le professoresse e i professori” “le allieve e gli allievi”, si è constatato che ciò finiva per appesantire il testo. Allora, si è provato ad utilizzare un solo genere in modo sovraesteso, ma per non correre il solito rischio di risultare non inclusivi verso il femminile si è scelto di utilizzare il “femminile sovraesteso”. Tutte le nominazioni di ruolo declinate esclusivamente al femminile: La presidente, la rettrice, la segretaria, le professoresse, la candidata, la decana, l’allieva. Ovviamente questa decisione ha suscitato molte polemiche cui hanno partecipato linguisti, letterati e politici.
Polemizzare è la passione del terzo millennio
Riportiamo qui alcuni pareri scelti tra quelli che appaiono meno condizionati da pregiudizi di genere, proprio per il genere dei soggetti che li hanno espressi. Cominciamo dagli uomini.
Utilizzando le indicazioni del nuovo regolamento, la rettrice dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, quando ha letto il regolamento di ateneo con il femminile sovraesteso, si è espressa (o espresso? come si fa con la congruenza dei verbi ? Boh !) … va bè, insomma, si è espressa in questo modo:
“Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali”.
Ovvero, cosa succede agli uomini se non si sentono inclusi ? Può essere utile fare esperienza di questa sensazione, sostiene Deflorian.
I generi marcati
Ma è tra le donne che si riscontrano diversi pareri contrari. In particolare tra quelle che svolgono una professione legata all’insegnamento linguistico. Sullo Schwa abbiamo già citato nell’articolo suddetto Cecilia Robustelli, professoressa in linguistica all’università di Modena e Reggio Emilia. Il suo parere è che la desinenza delle parole della lingua italiana non intenda indicare il genere, accezione culturale, ma il sesso, accezione biologica.
Sul femminile sovraesteso citiamo ora la linguista Serenella Baggio, che sul “Quotidiano trentino” del 4 Aprile scorso, sostiene:
Mario e Maria SONO STATI a Trento. Non SONO STATE. Il femminile è il genere marcato, il maschile no; semmai un problema per l’orgoglio maschilista. Non c’è bisogno di SCHWA, di asterischi, di raddoppi…. Il malinteso sessista nasce quando si confonde il genere delle parole con il sesso delle persone.
Ma è la linguista Yasmina Pani ad esprimersi nel modo più focoso sull’argomento, come si può vedere nel video facilmente accessibile da YouTube in cui dice:
Il femminile sovraesteso non è italiano, è una sgrammaticatura, una scelta ideologica insulsa. Il maschile non marcato è la forma corretta in italiano, perché questa é la morfosintassi della nostra lingua…Il femminile non marcato invece non esiste, ecco perché lo sentiamo straniante….Il maschile nella lingua italiana è il non marcato e quindi non esclude niente per definizione….Il femminile invece è marcato, quindi serve per escludere, serve per indicare qualcosa di diverso. Ma esclude grammaticalmente, non socialmente, non psicologicamente. È una differenza importantissima. Se vivete psicologicamente male la grammatica il problema è vostro. È la responsabilità di chi per anni, senza mostrarci una fonte scientifica in mano, ha ripetuto che la grammatica è sessista…non lo é.
Tra tutti questi dotti pareri interessa ora soffermarci su quello della consigliera Vanessa Masè, della lista ‘La civica’ per il territorio trentino. Sul sito di TrentinoTV si legge che Masè considera la decisione dell’università di Trento “una forzatura” che non aiuta la questione di genere, anzi una provocazione eccessiva che “inasprirebbe la frattura tra i generi”.
I generi fratturati
Se, a partire da questa ultima espressione, riusciamo a distogliere lo sguardo dalle beghe linguistiche per considerare anche tutti gli altri fenomeni che nel tempo presente evidenziano la tendenza a contrapporre in modo competitivo e anche ostile i generi della specie umana, i temi del maschile o del femminile sovraesteso sembreranno bazzeccole, quisquilie, pinzellacchere, direbbe Totò.
Avete mai sentito parlare del fenomeno Incel ? Il termine è una contrazione di “Involuntary Celibate”, ovvero di celibe involontario. A questo termine corrisponde una comunità di persone che online condividono delle idee misogine estremiste e che tendono a radicalizzare i loro membri. Si tratta generalmente di uomini bianchi eterosessuali, in affinità con le ideologie suprematiste, di numero incerto ma che potrebbe arrivare anche a centinaia di migliaia.
Fondano le loro convinzioni su diverse e strampalate teorie. Da Wikipedia leggiamo:
Parte importante di questa subcultura è la critica verso la società moderna, con particolare avversione nei riguardi della liberazione sessuale, avvenuta intorno al 1968, la quale, secondo gli aderenti a questa ideologia, avrebbe avvantaggiato la totalità della popolazione femminile e una minoranza di quella maschile a discapito della maggior parte della popolazione maschile….. Questo fenomeno nelle comunità incel è noto come «ipergamia femminile».
Ovvero, le donne liberate deciderebbero di avere rapporti sessuali solo con alcuni uomini, i migliori, lasciando tutti gli altri nella impossibilità di trovarsi una compagna. Come vedete nello schemino di fianco che simboleggia il cambiamento avvenuto dopo la liberazione sessuale.
Il diritto ad avere una donna tutta per sé
Il problema è che in questo tipo di comunità si giustificano i comportamenti più violenti. La visione del sesso come una cosa dovuta autorizza sentimenti di odio e di violenza verso le donne fino alla promozione di una vera e propria cultura dello stupro. La cronaca riporta molti casi di Incel che negli ultimi 10 anni hanno compiuto attentati terroristici a danno di donne e in generale di persone incontrate casualmente, spesso conclusi con il suicidio, dopo dettagliate e farneticanti rivendicazioni.
Ovviamente si potrà convenire sul fatto che le condizioni mentali della gente che frequenta questa comunità sono fortemente disturbate, però ciò non deve diventare un tappo alla possibilità di cercare altre componenti meno visibili a prima vista. All’opposto, non deve diventare un tappo neanche la famosa frase “sono tutti figli sani del patriarcato”. Dalla spiegazione della pazzia individuale a quella della pazzia culturale si salta da un estremo ad un altro rischiando di perdere contatto con gli aspetti più complessi dei cambiamenti intervenuti nell’ultimi decenni.
Il fenomeno delle challenge di genere
Giusto un anno fa, nella trasmissione di Cronache Terrestri del 17 Marzo 2023 con in studio due psicologi, abbiamo commentato le strane challenge che sono circolate sul social TikTok tra ragazzi adolescenti e giovani adulti. Una Challenge è una sfida: si compete per la gloria di arrivare primi. Nel 2021 la Hot Girl Summer Challenge. Una competizione tra ragazze per chi è più disinibita sessualmente o nell’uso di sostanze, ma soprattutto che dimostra di saper evitare qualsiasi coinvolgimento affettivo e sentimentale nelle relazioni tra generi. Nel 2022 la Boiler Summer Cup invece assegnava la gloria ai ragazzi che riuscivano a provare, con i video, di aver rimorchiato le ragazze più grasse, le Boiler, ovvero scaldabagno, tra quelle accessibili in una festa o in discoteca o altro. Entrambe le challenge erano estive, con una ben precisa durata e ancora più precisi punteggi premianti o sanzionanti per ogni comportamento adeguato o meno allo spirito della challenge.
Questi fenomeni ci raccontano che il coinvolgimento sentimentale come naturale sviluppo di un impulso desiderante si è gradualmente trasformato in un disvalore per alcune fasce della popolazione giovanile. Un trend recente che emerge anche da tanti altri elementi. Basta guardare ai testi delle canzoni d’amore che si sono via via trasformati in una direzione ben precisa. Dalle canzoni di Mina e Lucio Battisti che cantavano l’amore romantico si è giunti a Sfera Ebbasta.
Giovanni Boschetti è il primo italiano ad entrare nella top 100 mondiale della piattaforma di streaming Spotify. Il primo in Italia per vendite nel decennio 2010, il primo nel 2024 nella classifica Top Singoli. Di seguito un piccolo estratto della canzone “Hey Tipa”:
“Hey Troia vieni in camera con la tua amica porca. Quale ?quella dell’altra volta. Faccio paura sono di spiaggia. vi faccio una doccia, pina colada. Bevila se sei veramente grezza, sputala.
…
Sono una merda, ragiono col cazzo, oggi ti prendo domani ti lascio.”
IL sentimento come orrendo precipizio da cui ritrarsi
Se i numeri del successo di Sfera Ebbasta sono questi non possiamo immaginare questo testo come frutto di una cultura patriarcale, visto che le sue canzoni sono popolari per entrambi i generi. Né possiamo cavarcela dicendo che Giovanni Boschetti sia un pazzo o un terrorista Incel visto che utilizzando questo personaggio ha saputo perseguire i suoi obiettivi con molta lucidità ed efficacia. Il problema principale è che, non sappiamo come questo sia avvenuto, ma a partire dagli anni ’70, gradualmente, le concessioni alla vita affettiva sono state messe nell’angoletto dalla svolta militarizzata verso valori competitivi una volta confinati nello sport e nella carriera. Una svolta che ha invaso tutti i campi, anche quello sessuale.
Non sappiamo come è avvenuto, ma il genere maschile ha disimparato ad approfondire il suo desiderio, ad andare oltre alla dittatura del testosterone per sviluppare l’esperienza dell’incontro con il femminile di tutte le altre ricchissime dimensioni potenziali. Non sappiamo come è avvenuto, ma il genere femminile ha inseguito il genere maschile su questa strada, aderendo all’immaginario pornografico maschile, forse per un sacrosanto anelito alla piena liberazione dal ghetto della donna “pura” e votata alla famiglia, angelo del focolare. Di fatto, corteggiamento e innamoramento sono diventate parole desuete per entrambi i generi, da evitare accuratamente. Si rischia di risultare “cringe” e poi di esser “ghostati”.
Non sappiamo come è avvenuto, ma ogni genere vede nell’altro un oggetto di consumo più che un’esperienza di incontro con un diverso da sé, con un altro che arricchisce. Si assume un partner come si assume una sostanza. Questo dice la canzone Hey Tipa. Lo scopo è usare l’altro come esperienza adrenalinica, stimolante, psicoattiva. O forse, solo terribilmente antidepressiva. Ovviamente, ciò non vale per la totalità dei ragazzi. Anzi, sicuramente la maggioranza è ancora capace di innamorarsi. Ma dove la crisi della famiglia ha allentato i suoi legami affettivi è più facile constatare che schiere di ragazzi vengono ad essere preda di queste spinte collettive tendenti alla trasformazione in senso consumistico delle relazioni umane.
Strade alternative all’incontro tra generi
Non a caso, proprio tra le ragazze, comincia a diffondersi l’abitudine a iniziare la propria vita affettiva attraverso esperienze con altre ragazze. Nell’articolo Il naso degli umani pende verso destra abbiamo già citato un pezzo del Corriere della sera dove si afferma che il 20-25 percento delle ragazze della generazione Z non si riconosce nella parola eterosessuale.
Accade che, fuori dalla competizione tra generi, nel rapporto tra ragazze trovino più nutrimento i bisogni femminili di ascolto, di riconoscimento, di esplorazione introspettiva che in età adolescenziale sono più maturi di quanto avviene nel genere maschile, almeno di questo genere maschile.
Scoprendo così che la bisessualità non è un’attributo di pochi ma una possibilità di tutti, come già Sigmund Freud aveva implicitamente suggerito ricordando la matrice comune della bisessualità infantile.
Mentre i ragazzi, meno sciolti delle ragazze sul piano delle esplorazioni omosessuali, per retaggi culturali questa volta sì riconducibili al patriarcato, si sono rivolti al web per cercare l’esperienza ideale che non sono più capaci a trovare nella realtà. Ne abbiamo parlato nell’articolo L’immortalità di Misery dove addirittura ragazze inventate con l’intelligenza artificiale hanno dimostrato di saper coinvolgere molto più delle ragazze reali. Perché sul web i ragazzi non vivono l’ansia della performance. L’incontro con l’altro in carne e ossa è evitato o rimandato. Il virtuale, poi, si presta perfettamente allo scarico di quella parte delle componenti ossessive che accompagnano il desiderio maschile soprattutto in età giovanile. Paradigmatico, al proposito, il film del 2013 di Spike Jonze, “Her” ovvero “Lei”. Con Joaquin Phoenix e Scarlett Johannsson. Racconta il percorso per cui un uomo moderno, adulto ma deluso dall’amore, può arrivare a innamorarsi di una donna virtuale, generata con l’intelligenza artificiale. Un film che riesce paradossalmente a parlare di sentimenti.
La ricerca di una lingua perfettamente inclusiva come sintomo dell’esclusione nell’umano riconoscersi?
Ma torniamo al linguaggio. Si fa della durezza, della crudezza, della capacità di parlare con espliciti riferimenti alla sessualità più spinta, il proprio biglietto da visita di ragazzi moderni, senza paura e senza inibizioni.
Come ben sa quella mamma siciliana che è arrivata alle cronache recenti per aver provato a protestare perché fatta oggetto di complimenti sessuali espliciti da parte dei compagni dodicenni di suo figlio nella chat di classe.
La lingua corrente delle nuove generazioni è cambiata in modo molto più esclusivo di qualsiasi altra cosa. Perché si esclude l’umano, la persona, dal connotato formale dell’umano. Il body shaming non è mai stato in auge come oggi anche se tutti dicono di respingerlo sdegnati. Il Cat calling è forse meno presente nelle strade cittadine ma imperversa sulle chat e sui social giovanili e non. E non è più solo ad appannaggio del genere maschile come dimostrano le schiere di giovani ragazzi che si rivolgono alle pillole dell’amore per non rischiare di essere screditati nella pubbliche piazze virtuali dalle compagne insoddisfatte.
Ma di questo uso non inclusivo del linguaggio se ne parla poco.
Potremmo pensare allora che la discussione sullo schwa faccia parte di una manifestazione sintomatica di questa grande malattia della contemporaneità che si è dispiegata in modo epidemico nello spazio dell’incontro tra generi. Un malattia che genera depressione e disperazione nelle popolazioni terrestri, soprattutto nelle generazioni più recenti. Forse è meglio imparare prima a riconoscere i luoghi della non inclusione linguistica ovunque presenti nella verità del quotidiano, per cercare le contromisure, piuttosto che limitare il dibattito a come una lingua dovrebbe includere se fosse la lingua ideale.
Buon Universo a Tutti.
Written by: mind_master
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