Radio K55
Data di pubblicazione: 07/02/2025 alle 00:09
(Adnkronos) – Il numero 79 che illumina uno dei grattacieli di Tel Aviv. Poco più in là un secondo grattacielo con un altro numero, 489. Rappresentano rispettivamente gli ostaggi ancora nelle mani delle fazioni palestinesi e i giorni passati dall'attacco del 7 ottobre, mentre si avvicina un nuovo scambio con Hamas. La ferita è ancora aperta, ma nello Stato ebraico già si ragiona sul futuro di Gaza. A tenere banco è la controversa proposta, lanciata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di prendere il controllo dell'enclave e trasformarla nella Riviera del Medio Oriente, con annessa espulsione forzata della popolazione. La questione è stata affrontata ieri dal ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, e dal titolare della Farnesina, Antonio Tajani, arrivato a Ashdod per la consegna di 15 camion e 15 tonnellate di aiuti, donati dal governo italiano al Pam per la popolazione di Gaza. Il piano di Trump trova terreno fertile qui nel sud dello Stato ebraico. ''Israele e Italia sono stretti alleati e i nostri governi oggi sono stretti alleati con il presidente Trump e la sua amministrazione. Credo sia importante ascoltare attentamente le nuove idee che sono state proposte. Gaza è un'esperienza fallita" e "nel suo stato attuale non ha futuro. Dobbiamo cercare di trovare una soluzione diversa", ha chiarito Sa'ar nel corso di una conferenza stampa congiunta con Tajani. Al ministro israeliano la proposta del tycoon repubblicano piace – le lodi si susseguono – e, anzi, ritiene che gli Stati Uniti siano un ''ottimo candidato'' per rimettere a posto la Striscia di Gaza una volta conclusa la guerra. Meno deciso Sa'ar si mostra sull’attuazione delle fasi due e tre dell'accordo con Hamas. Bene se gli obiettivi si possono raggiungere con la diplomazia, ma l'opzione di riprendere la guerra non è accantonata, è il senso del suo ragionamento. Tajani, dal canto suo, è arrivato ad Ashdod per il terzo incontro con Sa'ar dall'entrata in vigore del cessate il fuoco con le idee chiare sul futuro di Gaza, sui rapporti con Israele e sulla guerra. ''Pragmatismo'' è la parola chiave che il vicepremier sottolinea più volte davanti alla stampa. ''Siamo qui per aiutare, vogliamo essere presenti e svolgere un ruolo attivo perché la tregua vada avanti e si possa passare dalla prima alla seconda fase con l'obiettivo finale di poter unificare la Palestina. La posizione italiana è chiara: due popoli e due Stati, ma il neonato Stato palestinese dovrà riconoscere Israele ed essere riconosciuto da Israele. Ogni altra mossa sarebbe velleitaria, sbagliata e direi controproducente'', ha affermato Tajani, in un riferimento indiretto al piano Trump. Per il ministro degli Esteri è il momento di lavorare per il futuro di Gaza, ma al momento è ''impossibile riconoscere la Palestina perché non abbiamo la Palestina''. Quindi un appello a Israele alla ''prudenza'' nell'operazione anti-terrorismo ‘Muro di Ferro’ che sta portando avanti in Cisgiordania e in particolare a Jenin. ''Israele ha il diritto di difendersi, ma occorre essere prudenti e dividere i civili dai terroristi", ha precisato il ministro, condannando ''l'uso dei civili da parte di Hamas per proteggere i terroristi. Si tratta di un crimine". Tajani e Sa'ar hanno infine concordato nel giudizio negativo sull'operato dell'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) a Gaza. ''Le Nazioni Unite per noi a Gaza sono rappresentate dal Pam'', ha rimarcato il titolare della Farnesina, ricordando che l'Italia ha sospeso i finanziamenti all'Unrwa a Gaza per il suo coinvolgimento nell'attacco del 7 ottobre. ''Noi stiamo lavorando in questa fase con un'altra organizzazione della Nazioni Unite, che è il Programma alimentare mondiale, con il quale ci troviamo benissimo, con il quale collaboriamo e che ha distribuito, come da nostra richiesta, i beni che abbiamo inviato alla popolazione civile direttamente senza passare da Hamas'', ha concluso. Musica per le orecchie di Sa'ar che non ha risparmiato gli attacchi all’Unrwa, che il governo israeliano ritiene complice del massacro del 7 ottobre. ''L’Unrwa non fa parte della soluzione a Gaza. L'Unrwa fa parte del problema. I suoi dipendenti hanno partecipato al massacro del 7 ottobre'', ha detto il ministro, ritenendo che i Paesi che desiderano sostenere lo sforzo umanitario nella Striscia di Gaza “dovrebbero investire le proprie risorse in organizzazioni alternative. Quindi vorrei ringraziare il vice premier Tajani per essere venuto qui oggi per dare forza al progetto Food for Gaza”.(Dall'inviato Piero Spinucci) —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Written by: News News
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