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C’è un problema di fiducia: peggiora per governi e imprese, migliora (a sorpresa) per i media

today27/03/2025 - 12:50 5

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Data di pubblicazione: 27/03/2025 alle 12:50

(Adnkronos) – Il mondo di Trump e di Putin, delle guerre, della contrapposizione sempre più spinta e di una narrazione sempre più aggressiva. Ma anche la percezione, non sempre corrispondente alla realtà, di condizioni di vita in costante peggioramento. Quanto pesa tutto questo sullo stato d'animo delle persone? La 25esima edizione dell’Edelman Trust Barometer evidenzia che abbiamo un evidente problema di fiducia, soprattutto in Europa, arrivando alla conclusione che polarizzazione politica e paure sempre più radicate hanno alimentato un diffuso senso di malcontento. Più marcato nei paesi avanzati e nelle democrazie occidentali, dove è sicuramente più facile esprimersi senza troppi condizionamenti.   L'Italia, nella comparazione globale, ha un indice di fiducia stabile pari al 50%, preceduta solo dai Paesi Bassi tra i Paesi europei. In testa alla classifica, Cina, Indonesia e India, tutte con indice pari o superiore al 75%; in coda Stati Uniti, Spagna, Uk, Germania, Corea del Sud e Giappone. Una prima valutazione da fare è che a esprimere maggiore fiducia sono paesi più giovani in termini di sviluppo economico e in termini anagrafici. E la seconda è che i paesi in cui non c'è una piena democrazia, a seguire dopo le prime tre ci sono Emirati Arabi e Arabia Saudita, esprimono risposte più in linea con un approccio ottimista. Quanto questo sia indotto da minore libertà di espressione è ovviamente un tema da considerare. Altro dato significativo quello che riguarda la percezione del futuro in pericolo e, in particolare, una carenza di ottimismo per la prossima generazione: solo il 15% degli italiani sostiene che starà meglio rispetto a oggi. Da notare che in tutti i paesi più sviluppati meno di 1 persona su 5 si esprime in senso positivo. A livello globale, solo il 36% della popolazione crede che le cose miglioreranno per la prossima generazione.   Quasi 7 italiani su 10, il 68%, dichiarano di provare un senso di risentimento, convinti che governi e aziende non lavorino per il bene comune ma tutelino solo gli interessi di pochi, mentre le fasce più ricche della popolazione traggono vantaggi ingiusti dal sistema. Quasi due terzi degli intervistati temono di essere oggetto di pregiudizi, discriminazione o razzismo, con un aumento di 10 punti nell’ultimo anno, diventano 14 punti per l'Italia, e un incremento significativo in tutti i Paesi e gruppi demografici. In questo contesto, l’attivismo ostile è sempre più visto come un mezzo legittimo per cambiare le cose. Per ottenere un cambiamento, il 39% degli italiani approverebbe almeno una delle seguenti forme di attivismo ostile: attaccare qualcuno online, diffondere intenzionalmente disinformazione, minacciare o ricorrere alla violenza, danneggiare beni pubblici o privati. Questo sentimento è particolarmente diffuso tra i giovani tra i 18 e i 34 anni, il 56% dei quali approva almeno una di queste azioni.  Il focus sull'Italia consente di andare più a fondo, spacchettando i dati sulle quattro categorie sulle quali si sono espressi gli intervistati: imprese, governo, media e Ong. In particolare, si evidenzia che sale dal 2021 al 2025 la percentuale di chi ritiene non credibili i leader di governo (+11 punti dal 64 al 75%), i manager e gli imprenditori (+11 punti dal 63 al 74%) e i giornalisti (+8 punti dal 69 al 77%). L'andamento dell'indice della fiducia per il 2025 segnala, nello specifico, che il 56% esprime fiducia nelle imprese, il 52% nei media, il 51% nelle Ong e solo il 40% nel governo. Su questo dato va però considerato che cresce in dieci anni, dal 2015 al 2025, di 12 punti. A migliorare rispetto alla rilevazione del 2024 è solo la voce media (+4 punti), mentre calano imprese (-1), Ong (-1) e governo (-2).  Entrando nel mondo dell'informazione, il 63% degli intervistati a livello globale ritiene che sia difficile riconoscere le notizie che arrivano da media tradizionali rispetto alle notizie non verificate. La buona notizia è che questo dato in Italia è al 61% e scende di 5 punti rispetto al 2021. Un'indicazione che si lega a quella che vede i social media come settore verso il quale c'è meno fiducia, il 41%.  Altri due settori esprimono dati significativi, sia a livello globale sia per quanto riguarda l'Italia: tech e tlc. Nel primo caso, l'Italia pur registrando nel 2025 un calo di un punto percentuale è perfettamente in linea con la media globale (piuttosto alta) di un indice di fiducia al 76%. Da segnalare un significativo passo indietro negli Stati Uniti (-9 punti al 63%) e nel Regno Unito (-9 punti sempre al 63%): a pesare, si può presumere, la reputazione delle big tech. Quanto alle tlc, l'Italia registra un passo avanti nell'indice di fiducia, + 2 punti al 62%, rispetto a una media globale stabile al 68%. In questo caso, è presumibile che aiutino i prezzi spinti al ribasso dalla forte concorrenza, mentre continuano a contrarsi i margini per gli operatori. (Di Fabio Insenga) —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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