Radio K55
Data di pubblicazione: 09/06/2023 alle 18:15
Arriva anche il momento, occupandosi di cronaca, che non è possibile svicolare dal tema che fa da sfondo al delitto di Senago o a quello della periferia romana di San Basilio. Entrambi delitti doppi, il primo di una donna e il suo bambino in grembo, il secondo della vittima e dello stesso carnefice, suicidatosi. Dalla cronaca si coglie il succedersi dei fatti ma anche l’ultima cosa detta, le ultime chat con questo o quello, l’ultimo gesto, l’ultima immagine delle videocamere e così via con le dichiarazioni di familiari vari, sull’onda delle amplificazioni mediatiche.
Distogliere l’attenzione, allora, dalla collezione di dettagli sui modi e la forma in cui può finire la vita di un umano terrestre è un tentativo lecito di salvare l’anima dalla prossimità con un uso pornografico delle tragedie altrui.
Però è anche impossibile non soffermarsi su eventi che si presentano con una ciclicità sistematica. Come se alcuni fatti si svolgessero seguendo un binario invisibile, che porta sempre alla stessa conclusione ed alla stessa emozione. L’orrore, il dolore, la follia. La negazione dell’umano. L’eradicazione dell’umano.
Molti commenti ai fatti di Senago e San Basilio si focalizzano sugli aspetti educativi come quello ben noto di Ignazio LaRussa, lo ”schiaffone”. Altri ancora tirano in ballo i modelli patriarcali o matriarcali, vedi la polemica tra Italo Bocchino e Rosi Braidotti, oppure l’articolo della giornalista femminista Monica Lanfranco che collega gli aspetti educativi al patriarcato. Non mancano mai, in questi casi, i commenti sulla follia o mostruosità del protagonista, come quello televisivo di Mara Venier, che tante polemiche ha suscitato.
Tutte queste valutazioni hanno delle ragioni d’essere ma, se prese da sole, risultano insoddisfacenti nello spiegare la complessità di questi fenomeni dove si intersecano numerose dimensioni dell’umano convivere.
Se il protagonista di questi delitti non si suicida, come nel caso di quello di Senago, comunque prende in considerazione l’idea: “l’unica forma di pentimento è togliersi la vita ” dice Alessandro Impagnatiello.
Cosa significa ? Significa che il protagonista non arriva al delitto in un momento di inconsapevolezza delle enormi conseguenze che questo comporta. Arriva al delitto probabilmente senza sapere bene come, scivolando in un piano inclinato verso la distruzione e l’autodistruzione, ma comunque con un certo grado di consapevolezza dei cambiamenti che il suo atto introduce nel resto della altrui e propria esistenza, breve o lunga che sia.
Di fronte a questi processi degenerativi del funzionamento mentale, magari iniziati molto tempo prima del delitto, educazione o sanzione possono poco. Non c’è effetto deterrente che tenga, nelle sanzioni, se la mente viaggia spedita verso la catastrofe. Abbiamo l’evidenza degli Stati Uniti dove è esplicito il dato statistico che lega il tasso degli omicidi tendenzialmente maggiore proprio negli stati dove c’è la pena di morte rispetto agli stati abolizionisti.
L’argomento della mostruosità del singolo si contraddice proprio nell’uso della parola mostro. Il Monstrum latino è una creatura portentosa, un prodigio, soprannaturale, ovvero cosa rara, rarissima. Non possiamo perciò liquidare con la parola mostro tutti i protagonisti di questi comportamenti, perché rari non sono.
Il patriarcato come “sistema sociale”, è assolutamente da considerare argomento degno, almeno fino al 10 Marzo 1946, oppure fino al 5 Settembre del 1981, ma anche fino al 15 Febbraio 1996. Date di abolizione, rispettivamente, dell’interdetto di voto alle donne, del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, dello stupro come delitto contro la morale pubblica (piuttosto che contro la persona).
Il patriarcato come “cultura”, è assolutamente da considerare argomento degno, dovunque la donna venga discriminata nelle possibilità, violata nei diritti o umiliata nella dignità, in ambienti dove una cultura maschilista dominante opera in questo modo. Per esserci patriarcato, quindi, deve esserci un uomo che trae vantaggio dall’esercitare controllo sulla vita di una donna. Ma non è questo il caso, né di Senago né di San Basilio. Anche se l’atto in sé può essere considerato un parossismo simbolico di potere e di controllo, rimane il fatto che non c’è alcun vantaggio, alcun controllo, alcun dominio, nel suicidarsi o nel farsi rinchiudere in un carcere. Anzi è esattamente il suo opposto. Le motivazioni dominanti di questi delitti non affondano le radici in una cultura patriarcale, la quale non si forma sulla base di singole emozioni, ma si nutre di strategie sistematiche e protratte nel tempo, come dimostra quello che recentemente è avvenuto in Iran. La cultura patriarcale può essere un elemento presente e anche concorrente, in una certa misura, ma non è quello principale.
E allora cosa dice la psicologia ? Vittorio Lingiardi (già citato nel nostro articolo Tonight is gonna be the loneliest) ha parlato di Narcisismo Patologico come una frequente possibilità di funzionamento mentale in chi commette femminicidio. Dal suo libro “Arcipelago N. – Variazioni sul narcisismo”: «Il rapporto di coppia è uno dei luoghi di massima espressione del narcisismo patologico, un disturbo della personalità caratterizzato dall’incapacità di godere della felicità altrui, da rivalità invidiosa, mancanza di gratitudine e di empatia, ricerca continua di ammirazione, convinzione di meritare ogni privilegio».
Aggiunge Lingiardi che alla variante “maligna” del narcisismo patologico, consegue che : «In sintesi, scarso interesse per la vita e i sentimenti dell’altro, considerato come un oggetto da manipolare perché produca gratificazioni… quando questo meccanismo di dominio salta — per esempio perché la partner, finalmente, decide di sottrarsi — il bisogno di affermazione di sé può arrivare alla violenza come forma massima di controllo e potere».
Da notare che Lingiardi si rifà ad un modello causale Bio-psico-sociale per provare a spiegare quanti fattori siano in gioco in un Disturbo di Personalità così importante: “Resta il ruolo giocato dal temperamento individuale ma anche dalla storia di ciascuno, dalle sue relazioni durante lo sviluppo personale”. Modello che integra componenti innate e apprese, tra cui l’educazione certamente, compresa la cultura patriarcale, ma anche tutte le condizioni affettive e relazionali che caratterizzano la formazione e la stabilizzazione del mondo interiore di una persona durante il periodo dell’età evolutiva. Varie dimensioni dell’esistenza, già di per sé complesse, che si intersecano in un maggiore livello di complessità.
Ma anche, Lingiardi introduce un ulteriore apertura di pensiero:
« Ci vogliono veramente molti elementi perché si arrivi a superare lo spiacevole narcisismo della vita quotidiana e arrivare al narcisismo maligno che può intossicare le relazioni fino alla violenza».
Il problema è che, pur chiamandolo Narcisismo Maligno, rimane il fatto che i casi di femminicidio sono in aumento vertiginoso (12% in più tra 2019 e 2022). Ci deve essere un fattore in più che caratterizza questo aumento e che non è ancora chiaro quale sia. E’ certo che le condizioni mentali medie della popolazione stanno peggiorando secondo diversi indici comportamentali di cui i femminicidi sono soltanto una parte. Vediamone alcuni:
Come fattore comune di cambiamento a queste categorie di popolazione c’è la crescente intolleranza verso le frustrazioni di tutte le condizioni che limitano l’accesso all’idolo moderno della libertà individuale, sia in età infantile, che giovanile, che adulta. Gli incidenti nella scuola recenti lo testimoniano, tra suicidi degli studenti ed aggressione agli insegnanti.
Lo studio, il lavoro, il partner sembrano ammissibili solo come strumenti per il successo o per il piacere, ma se non accade, vengono esclusi dalla propria vita in forme diverse, via via più violente, a seconda del grado di disturbo mentale che la persona porta con sé in maniera inconsapevole e anche spesso invisibile.
Dall’analisi dei fatti di cronaca scelti nei passati articoli di questa rubrica, che ormai sono una dozzina, appaiono in modo ricorsivo alcune parole chiave:
Sono concetti che emergono spontaneamente, sotto forme diverse, sparsi nella cronaca di tutti i giorni, qua e là. Lingiardi parla di “spiacevole narcisismo della vita di tutti i giorni”, ma forse questa espressione non rende bene la potente modificazione intervenuta nella qualità delle relazioni umane a partire già dall’inizio del secolo scorso. Qualcuno aveva infatti intravisto la portata di quello che stava per succedere sul pianeta Terra alla specie degli umani. Era il 1887, leggete qua:
“Ciò che io racconto la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l’avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata; perché la necessità stessa è qui all’opera. Questo futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che cresce di decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile a una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più ed ha paura di riflettere”.
Due anni dopo aver scritto ciò, l’autore di questo brano, il filosofo Friedrich Nietzsche, ebbe un crollo nervoso per morire in una condizione di demenza 11 anni dopo. Il pessimismo delle sue parole, va quindi preso con la giusta distanza, perché il suo era un pensiero condizionato da un forte antidealismo e antipositivismo. Però è indubbio che i segni di questa rivoluzione antropologica fossero già visibili in qualche modo al tempo di Nietzsche, per una mente così visionaria.
Dunque, di quali e quante catastrofi si sta parlando quando si usa la parola femminicidio? In quanti modi si può declinare il significato della parola nichilismo attualizzato al 2023?
Ancora non è chiaro, ma è ora di cominciare a rifletterci seriamente.
Buon Universo a Tutti !
Written by: mind_master
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