Radio K55
Data di pubblicazione: 09/03/2025 alle 14:26
(Adnkronos) – Un rimprovero in classe vecchio di mesi. Tanto è bastato per scatenare la furia di un 14enne che lo scorso venerdì notte hanno brutalmente picchiato un suo professore, Sergio Orlandi, trombettista jazz e insegnante in una scuola secondaria di Inzago, in provincia di Milano. L'uomo, che ha subito la frattura di naso e mascella, ha sporto denuncia contro il ragazzo e il complice.
"L’aggressività rischia di diventare una vera e propria dipendenza". Lo dice all'Adnkronos Luca Bernardo, direttore del reparto di pediatria dell'ospedale Fatebenefratelli e adolescentologo. "Durante un attacco di violenza – spiega Bernardo -, il corpo produce adrenalina, serotonina e cortisolo, sostanze che possono creare assuefazione". Per questo, l’aggressività va trattata come una dipendenza, con interventi continui e formazione specifica "altrimenti, rischiamo di perdere questi ragazzi". Le aggressioni verso il personale scolastico non sono un fenomeno nuovo, ma negli ultimi anni sono in aumento. Alla base ci sono spesso fragilità psicologiche, situazioni familiari complesse e contesti sociali difficili. "L’aggressività implosiva si sviluppa già in preadolescenza e può essere alimentata da dinamiche esterne, come quartieri problematici o tensioni in famiglia" afferma l’esperto. Basta poco, un rimprovero, una nota, una semplice richiesta di attenzione durante una lezione, gesti che l'adolescente percepisce come attacchi personali e ai quali risponde con violenza. Ragazzi che vengono descritti come “tranquilli” o “senza problemi”. Tuttavia, Bernardo insiste: "L’aggressività non nasce dal nulla. Spesso è una facciata. A casa possono sembrare calmi, ma ci sono sempre segnali, magari nei messaggi sul telefono o nei comportamenti con i coetanei. È qualcosa che cova fino a esplodere". Adolescenti che però hanno dimostrato momenti di aggressività, all'inizio solo verbale ma che successivamente esplode. Spesso legata alla dinamica del branco, dove "il leader negativo che incita alla violenza" prende il sopravvento, mentre "quello positivo, che va bene a scuola e non crea problemi viene visto come uno 'sfigato'". A ciò si aggiunge un ulteriore fattore, la possibilità che questi ragazzi siano in qualche modo armati. "Molti adolescenti portano con sé coltelli, tirapugni o le catene dei motorini. Alcuni magari frequentano palestre non per fare sport, ma per imparare tecniche di combattimento da usare in strada" spiega l'adolescentologo.
Per contrastare il fenomeno è necessario un approccio multifattoriale: formazione diretta nelle scuole, rivolta a insegnanti e studenti con il coinvolgimento di professionisti, come psicologi e pediatri, e anche il coinvolgimento attivo delle istituzioni e delle associazioni di terzo e quarto settore per creare reti di supporto sul territorio. Altri strumenti efficaci sono i percorsi alternativi. Attività sportive, teatrali o musicali, che possano canalizzare l’energia dei ragazzi in modo positivo. La prima linea di contrasto alla degenerazione violenta devono essere i genitori. "Devono prestare attenzione ai segnali di cambiamento: chiusura in camera, toni aggressivi, consumo di alcol già dalla minore età sono campanelli d’allarme" avverte Bernardo. Anche il coinvolgimento degli influencer e personaggi pubblici potrebbe essere una strada da seguire per veicolare messaggi positivi. "I giovani li ascoltano. Se questi trasmettessero valori costruttivi, l'impatto potrebbe essere enorme" spiega l'esperto. Infine, l’adulto deve essere un esempio. "Litigare è normale, ma alzare le mani, lanciare oggetti o sbattere porte non è mai la soluzione. I ragazzi imparano da ciò che vedono: se la violenza è normalizzata in casa, sarà riprodotta all’esterno" conclude. (di Marco Cherubini) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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